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“La medesima natura, che ammaestra gli uccelli a procacciarsi un albero sotto la cui ombra agiatamente riposando cantino, insegna ai Musici a scegliersi un Principe sotto la cui protezione, sicuri e ben difesi, facciano sentire al mondo i loro armoniosi concerti.” (A. Montesano, Madrigali a 5 voci. Libro primo. Napoli, 1622)

Il mecenatismo musicale è un fenomeno di grandissima rilevanza nell’Italia del Rinascimento: fra le fastose corti signorili ed ecclesiastiche si accesero autentiche competizioni per reclutare i migliori musicisti in grado di soddisfare le esigenze della corte, ma soprattutto per accrescerne il prestigio: nascevano così alcune delle composizioni più straordinarie dell’arte musicale occidentale.
Vi proponiamo un viaggio in tre delle corti italiane più rappresentative: quella dei Medici a Firenze, dei Gonzaga a Mantova e degli Estensi a Ferrara. La musica era come una specie di status symbol. Una cappella numerosa, formata da musicisti famosi in tutta Europa, che eseguissero musica raffinatissima, proclamava al mondo (alle corti rivali e ai sudditi stessi) la ricchezza e la potenza del mecenate. Ercole I, ad esempio, aveva fino al 1483 un organico vocale che gli consentiva di ascoltare polifonia per doppio coro. Addirittura nel 1502 la possibilità di avere Josquin des Prez (post 1450-1521) come maestro di cappella gli appare come un’occasione per accrescere la dignità del suo ducato e per influenzare positivamente i suoi rapporti politici con le maggiori potenze. Dopo lunghe trattative per convincerlo a lasciare la posizione di assoluto prestigio occupata alla corte del re di Francia, Josquin giunge a Ferrara e il suo compenso è fissato in duecento ducati, una cifra enorme per l’epoca.

 
 

 

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