indietro

 

L’antica pratica della Solmisazione, che da sempre rappresentava «l’ottime porte e vie da condurre ogni cantante che brami di cantar per via di ragione al desiato fine di saper ben cantare e solfeggiare» [Prattica di Musica, Lodovico Zacconi, Venetia 1592], fu il frutto dell’esperienza didattica del monaco aretino, Guido, il quale dovendo insegnare nuovi canti ai suoi allievi escogitò un sistema pedagogico per l’apprendimento della musica basato su sei soli suoni: Ut, Re, Mi, Fa, Sol, La.

Attraverso la memorizzazione dell’esacordo (le sei sillabe) e la sua trasposizione ad altezze diverse (purché al centro vi fosse sempre il semitono) all’interno delle diverse scale musicali, i cantori principianti potevano imparare a cantare la musica con grande facilità. L’esacordo ha sempre il semitono al centro e presenta una struttura speculare. La Solmisazione, peraltro sotto il profilo teorico, non era impiegata solo come un sistema di lettura ma ne fu allargata la portata anche per consentire di inserire le alterazioni mancanti (diesis e bemolli) e di interpretare la musica con sicurezza. Infatti ogni sillaba aveva un carattere e un colore di suono differenti: da quello soffice e/o molle (femminile) a quello rigido e/o duro (maschile). In Italia, dove questo sistema sorse, le sei sillabe furono impiegate quali testi poetici per indicare apertamente altre situazioni. Purtroppo la pratica della solmisazione, che si era diffusa in tutta Europa, iniziò a scomparire con l’avvento nel XIX secolo del moderno solfeggio che nulla a che vedere con i saggi insegnamenti della tradizione antica più concreta e attenta alle necessità ed esigenze dei discenti di quella attuale.

 
 

 

indietro